Gastronomia

Questa sezione comprende le tradizionali ricette di Vallefredda (Vallemaio) ed una piccola rassegna di prodotti tipici della cucina vallefreddana
Come l’arte, la storia, le scienze e la letteratura anche le pratiche alimentari vanno tramandate, insegnate e diffuse. La cultura di un popolo si esprime certamente anche attraverso la gastronomia.
Il ricordo dei sapori della cucina tradizionale di Vallemaio ( Vallefredda) riporta la memoria ai periodi dell’infanzia e al lavoro sapiente dei nostri vecchi che, con le loro mani, ancora oggi sono capaci di raggiungere risultati assai raffinati nella preparazione di alcuni piatti tipici locali.
Si vuole dare allora attenzione alla salvaguardia di alcuni prodotti alimentari tradizionali, alla loro tipicità e biodiversità: sensibilizzare e incentivare iniziative di tutela dei nostri prodotti della terra per riqualificare il territorio.
Nell’ambito di questa ottica, già a partire dagli anni Ottanta, l’Associazione tra le sue attività ha tentato di valorizzare alcuni prodotti tra cui un piatto tipico locale: gli stracciuni (pasta fatta in casa). 

Segue un invito di una manifestazione
nel quale è riportato il procedimento
per la preparazione del piatto

GASTRONOMIA_clip_image002

Dall’invito si riporta:    


– “GLI STRACCIUNI VALLEFREDDANI” sono un piatto tipico locale composto con farina di grano, olio d’oliva, aglio, cipolla, basilico (masinicola), sedano (accio), prezzemolo (perdusino), ceci paesani (cici pulicani) e zafferano (ingrediente che adesso è stato sostituito dal pomodoro).

Un piatto millenario, le cui origini si riallacciano alle antiche civiltà contadine quando, al termine del raccolto, era in uso offrire a Rea, prima, e a Cerere, poi, l’assaggio delle primizie dei raccolti (farrum).
In Vallemaio questo tipico piatto si cucina ormai in pochissime famiglie, composte prevalentemente da persone anziane. Anticamente rappresentava un vero e proprio rito che si perpetuava nei secoli ed aveva dei canoni ben precisi.
L’antivigilia della festa della Madonna delle Grazie, cioè il 3 agosto, si andava al molino per macinare un quarto di tomolo di grano. La farina veniva burattata (con un setaccio da quaranta), ammassata sul tagliere (tavolieglio) ed allargata con il matterello (laniaturo). In mattinata si cucinavano i ceci nella pignatta (pignato) e nel pomeriggio, due ore prima del vespro, iniziava il rito: 

in un tegame venivano messi, a seconda dei componenti della famiglia, due mestoli d’olio d’oliva, aglio, cipolla, prezzemolo, basilico, sedano, un rametto d’erba di pepe, venti pomodori e vari pezzi di salsiccia di maiale; il tutto si lasciava cuocere a fuoco lento. Preparato il sugo si lasciava riposare; nel frattempo, si metteva sul fuoco una
capace pentola (tiana de rame) piena di acqua, poi le donne della famiglia provvedevano a rompere le sfoglie (pettole) con le mani, gettandole nella pentola. Cucinate al dente venivano miscelate ai ceci e il tutto condito col saporitissimo sugo e mangiate quasi tiepide
.

Al pranzo erano invitati i familiari e, a volte, qualche giovanotto che, nelle segrete speranze delle mamme e delle nonne, poteva rappresentare un buon partito per le loro figlie o nipoti. Era una festa alla quale partecipavano tutti, anche le famiglie più povere, quelle che, non avendo niente, spigolavano nei campi dopo la raccolta.
gruppo di famiglia 1800

Oggi questa tradizione non esiste più.
L’A.R.C.I. di Vallemaio, con questa iniziativa vuol richiamare quel rito antico, quella tradizione a cui la civiltà dei robot, negatrice dei principi della famiglia, non ha permesso la sopravvivenza.
A tutti coloro che interverranno alla manifestazione si augura buon divertimento e buona degustazione. Il Presidente F. Tudino “ – Vallemaio, 31 agosto 1985.-

I PRODOTTI TIPICI

  il pane con le ghiande;

•  pasta e ceci ( gli stracciuni);

•  carne di “castrato”;

•  salumi di maiale;

•  olio extra vergine;

•  formaggio “ la marzolina”;

•  vino locale;

•  i fichi secchi;

•  verdure di campo;